L’esigenza di spiritualità nel 3° millennio – Fabio Biliotti

Il mausoleo del Bab sul Monte Carmelo

Se ci soffermiamo per un momento e tracciamo, anche rapidamente, un quadro di ciò che accade intorno a noi, non possiamo fare a meno dall’essere presi dallo sconforto e dalla disperazione: guerre sanguinose proliferano in ogni parte del mondo, uccidendo indiscriminatamente giovani militari e civili inermi ed innocenti, fra i quali tanti bambini; atti di terrorismo colpiscono senza pietà la società civile; l’odio dilaga nel mondo dipingendosi a fosche tinte tanto nelle facce degli aggressori quanto in quelle di chi vorrebbe opporsi a tanta barbarie; immagini pornografiche dilagano liberamente con il conseguente abbrutimento dell’essere umano; innumerevoli omicidi vengono commessi per le ragioni più disparate e assurde, spesso anche nell’ambito familiare; la nostra sicurezza è messa sempre più a repentaglio, da una macrocriminalità senza scrupoli e da una microcriminalità inferocita che si giustifica con il fatto di essere stata privata di tutto.

Il brasiliano Norberto Keppe, uno dei più attenti pensatori dei nostri tempi, che il C.N.R.S (Centre National de la Recherche Scientifique) della Francia ha definito come “Il più originale autore eterodosso fra i contemporanei” in “Lavoro e Capitale” descrive la società odierna così[1]:

“La società umana è malata, gravemente malata, essa è pericolosa per l’essere umano e per il suo equilibrio sia organico che mentale, perché non è possibile vivere bene insieme, sentire ed agire, se la vita sociale obbliga a sentire, lavorare e vivere male. Se voi state bene attenti, vi renderete conto poco a poco che per essere accettati, ammirati e stimati dalla grande società, bisogna esser disonesti, falsi e soprattutto ipocriti; l’umiltà, la semplicità, l’altruismo e la verità non sono accettati. Esistono dei gruppi che sono delle eccezioni, ma la regola generale nella maggioranza dei paesi è la disonestà.Vi potrete domandare in che cosa la struttura sociale sia malata; posso subito darvi degli esempi: il fatto, nelle società capitaliste, di porre il danaro al di sopra del lavoro; il fatto che l’usura e la speculazione rendano possibile che il danaro generi altro danaro; il fatto di lavorare come impiegati di persone che vivono sullo sfruttamento altrui; … il fatto che esistono enormi proprietà private nelle mani di una minoranza; il fatto di fabbricare armi, sostanze tossiche e prodotti nocivi alla natura, che distruggono la fauna e la flora; il fatto che questa società accetti che milioni di individui muoiano di fame e di freddo; Il fatto che si dedichi poca attenzione alla salute e all’amore per il prossimo; il fatto che si inquinino i fiumi, gli oceani, l’aria ecc. ecc.; si può dire che tutto ciò che stiamo facendo è negativo, facciamo il male come se fossimo i figli di Satana.”

Bahá’u’lláh, profeta del XIX secolo e fondatore della Fede Bahá’í, aveva previsto in maniera profetica questo cammino drammatico e doloroso dell’umanità e questa decadenza del mondo:

“Il mondo è in agitazione e la sua inquietudine aumenta di giorno In giorno. Il suo viso è volto verso la perversità e la miscredenza. Tale sarà la sua triste sorte che svelarla adesso non sarebbe né conveniente né opportuno. La sua perversità durerà a lungo e, all’ora stabilita, apparirà improvvisamente ciò che farà tremare le membra dell’umanità. Allora, e soltanto allora, sarà fissato lo Stendardo Divino e l’Usignolo del Paradiso gorgheggerà la sua melodia”.[2]

Questa perversità e questa miscredenza hanno danneggiato profondamente l’umanità, sia quella che vive nella miseria, nell’indigenza, nella fame e nel sangue, sia quella, come la nostra, che è apparentemente immersa nel benessere, ma altrettanto infelice. Infelice sì! Infelice perché quel benessere è solo materiale ed ottenuto, in gran parte, attraverso lo sfruttamento di risorse di paesi nei quali si muore di fame.

Ognuno, in cuor suo, vorrebbe che tutto ciò terminasse nell’immediato, risolvendo tutti i problemi, eliminando la miseria e la fame, ma poi ci sembra che tutto ciò sia impossibile e siamo sopraffatti da uno spiacevole senso d’impotenza.

È per questa ragione che i più, nell’illusione di non essere tormentati da questo senso di colpa e da questo senso d’impotenza, cercano di non vedere, aiutati in ciò dalle chimere delle ricche società patologiche che accendono luci, fari, riflettori, fuochi d’artificio, con il duplice scopo di stordirci e di ingannarci nel tentativo di farci credere “felici” ricorrendo ad incrementare ulteriormente un materialismo consumistico sfrenato quanto inutile. Cerchiamo di dimenticare il grande dramma che affligge l’umanità, ma esso ci ritorna inesorabilmente davanti nelle immagini televisive, nei vari siti di internet e nelle fotografie dei giornali, martellando le nostre orecchie, riempiendo di lacrime i nostri occhi, sconvolgendo la nostra mente e straziando i nostri cuori!

Tutto ciò ci porta a percepire, anche se tentiamo di non prenderne coscienza, come intorno a noi stia prendendo sempre più corpo un decadimento generale che si aggrava ogni giorno di più e ci chiediamo: perché accade tutto ciò? Che cosa possiamo fare?

Bahá’u’lláh fa sapere che molto dipenderà dagli esseri umani contenere il grado di distruzione a cui l’umanità si sta avviando e limitare la dimensione della tragedia affidandosi alla realizzazione dei principi che Dio ha trasmesso agli esseri umani attraverso di Lui: l’unità della razza umana, l’unità delle religioni, l’armonia tra scienza e religione, l’eliminazione degli estremi di ricchezza e povertà, la parità tra l’uomo e la donna, il superamento di ogni pregiudizio, la costruzione della pace. Purtroppo come egli aggiunge:

“Noi possiamo bene scorgere come la razza umana sia circondata da gravi e incalcolabili afflizioni. La vediamo languire sul suo letto di dolore, crudelmente provata e disillusa. Coloro che sono ebbri di vanagloria s’interpongono tra lei e il Medico Divino e infallibile. Constatate come abbiano impigliati tutti gli uomini, inclusi se stessi, nelle reti dei loro espedienti. Non sanno scoprire la causa dell’infermità e non conoscono il rimedio. Hanno immaginato contorto ciò che è diritto e considerato il loro amico un nemico…”.[3]

Questi atteggiamenti megalomani hanno invertito (hanno immaginato contorto ciò che è diritto e considerato il loro amico un nemico), meglio dire rovesciato, tutto il modo di concepire la vita in ogni suo aspetto: gran parte degli esseri umani vede nel piacere il dispiacere e nel dispiacere il piacere; vede il bene nel male e il male nel bene. Essere buoni è considerato dai più pericoloso perché si potrebbe rimanere sopraffatti, essere onesti ci svantaggia, essere sinceri ci rende deboli e così via. Anche la religione viene vista dai più (spesso anche da quelli che credono) come un intralcio. Perfino la relazione con Dio è stata invertita perché si è diffusa l’idea che, per obbedire a Dio dovremmo soffrire, che il cammino per il cielo è seminato di spine e che l’amore è una croce molto pesante da portare.

Tutto ciò ci ha allontanato dalla spiritualità ed ha incrementato un materialismo sfrenato che spinge gli esseri umani a credere che il benessere possa conquistarsi con l’accaparramento delle cose, con la collezione dei piaceri sensoriali, con l’arricchimento senza limiti. Ciò ha permesso enormi ricchezze e, di conseguenza, enormi povertà. Si è affermato un concetto economico legato al primato del capitale sul lavoro per il quale il solo scopo è il profitto. Abbiamo legato la ricerca della felicità al benessere materiale. Si finisce così per dare un valore solo a ciò che può essere mercificato, comprato e venduto, cioè a ciò che può produrre danaro (profitto) e ciò che vale di più non viene preso neppure in considerazione, viene trattato alla stessa stregua del niente, perfino deriso.

Nel suo libro “Anima Mundi” Susanna Tamaro ci dà un esempio di questa inversione causata dall’aver adottato come metro di misura la capacità di produrre denaro anche in campi come la letteratura, la pittura, l’arte in genere. Nella seconda parte del romanzo, dedicata al fallimento del protagonista Walter, si dice che quest’ultimo scrive un lungo racconto “La vita in Fiamme”; che un conoscente, famoso sceneggiatore, cerca di aiutarlo a pubblicare. Nell’ambiente lo lodano come un capolavoro, però non succede niente, il libro non si vende e le illusioni cadono, Walter verrà ignorato e dimenticato.[4]

Dunque ciò a cui non si può dare un prezzo, ciò che non interessa il mercato non ha più valore, appunto viene ignorato e snobbato.

Ma “L’arte è fondamentale – afferma Keppe – il mondo senza musicisti, pittori, scultori, danzatori, muore irrimediabilmente. Tutta la civilizzazione si basa sull’arte e l’artista spesso non possiede neppure i mezzi economici per sopravvivere; egli è come gli uccelli, i fiori dei campi, che sono nati per rendere incantevole la vita…”[5] e quasi sempre vengono lasciati soli e abbandonati, spesso attaccati e derisi.

Questa visione materialistica, questi concetti distorti, questi convincimenti deleteri si sono insinuati nella vita quotidiana della stragrande maggioranza delle famiglie dove si è convinti che per fare la felicità dei figli non si debba far loro mancare niente in termini di beni materiali e si sottovaluta e perfino si dimentica l’aspetto spirituale. Si mantengono agli studi per anni ed anni, proteggendoli malaccortamente da ogni impegno di lavoro, impedendo così un collegamento con la realtà della vita e trasmettendo l’idea che l’azione, anche quella fisica, sia meno importante della teoria; si comprano loro belle moto prima e belle auto poi, si mandano in vacanza nei migliori posti, si comprano loro bei vestiti, scarpe, si forniscono delle migliori tecnologie: cellulari, computers, stereo. Ma nonostante tutto ciò non li vediamo felici e noi stessi non siamo felici. Li vediamo molto spesso alla ricerca di evasioni per sfuggire alla noia e all’insoddisfazione.

Perché accade tutto ciò?

Perché crediamo che ciò che conti nella vita sia il benessere materiale.

Perché pensiamo che questa sia la vita reale.

Perché crediamo che dopo la morte del nostro corpo tutto finisca.

E vogliamo dimenticare, o peggio ancora negare, che ne esiste un’altra che poi è la vera vita dell’essere umano, quella vita che si situa nella dimensione spirituale.

È il voler credere e far credere che la dimensione sensoriale (materialistica) sia l’unica opportunità di vita (oltretutto a termine) conduce a un mondo fonte di enormi insoddisfazioni, di grandi frustrazioni e di infelicità che colpiscono specialmente i giovani che vengono deturpati nel più profondo della loro interiorità.

D’altra parte, come afferma Abdu’l Bahá, figlio di Bahá’u’lláh, “…tutta la tristezza e il dolore che esistono vengono dal mondo della materia, il mondo spirituale dà soltanto gioia! Se noi soffriamo, la sofferenza è il risultato delle cose materiali; e tutte le prove e tutte le difficoltà vengono da questo mondo di illusione. Per esempio: un commerciante può perdere la sua clientela, e questo fatto produce in lui uno stato di depressione. Un operaio viene licenziato, ed egli è preso dall’incubo della fame. Un agricoltore ha un cattivo raccolto, e vive in una grande ansia. Un uomo costruisce una casa che un incendio rade al suolo, ed ecco che egli è senza tetto, rovinato e disperato. Tutti questi esempi servono a dimostrarvi che le difficoltà che incontriamo ad ogni passo, il dolore, il dispiacere, la vergogna e la tristezza sono generati nel mondo della materia. Dal Regno Spirituale invece non viene mai tristezza. Un uomo che vive concentrando i suoi pensieri in quel Regno, non conosce che la gioia. I mali a cui è soggetta la carne non toccano lui, ma sfiorano soltanto la superficie della vita che, in fondo, rimane calma e serena.”[6]

Una volta, parlando a Bologna, il Cardinale Biffi a proposito di questo tema ha detto:

“Gli esiti sono due: o dopo c’è l’annientamento o dopo c’è la vita eterna. Se il traguardo è il nulla, l’unica autentica realtà della vita è sin d’ora il nulla. Se la vita va verso il niente si vive già adesso nel niente. Se invece sono incamminato verso la vita eterna, l’eternità già adesso in qualche modo è mia. Chi accetta la ristrettezza del mondo visibile si pone fatalmente in una condizione di insignificanza che tocca l’assurdo; se l’universo è vuoto allora si capisce che sia sordo e muto. Chi invece si apre alla possibilità dell’invisibile (dello spirituale), si affaccia su uno spazio dove tutte le evenienze sono praticamente infinite.”[7]

Ma allora, se le cose stanno così, l’umanità è perduta?

Si è persa inesorabilmente ogni speranza di far riemergere il primato della spiritualità nella vita terrena di ogni essere umano?

No! Non è persa la speranza, perché se andiamo a ben vedere, gli esseri umani sono di nuovo alla ricerca di elementi spirituali: la spiritualità è un fuoco che non si spegne mai del tutto e che rimane acceso, anche con una sola fiammella, nel profondo della nostra interiorità, è una luce che non si esaurisce mai.

Shoghi Effendi, custode per molti anni della Fede Bahá’í, in una lettera ad un credente illustra mirabilmente e con estrema attualità questa esigenza:

“Il suo problema è un problema che preoccupa o disturba seriamente molti giovani d’oggi. Come ottenere la spiritualità è infatti un’istanza alla quale ogni giovane, uomo o donna, deve prima o poi cercare una risposta che lo soddisfi. È proprio perché una tale risposta esauriente non è stata data né trovata che i giovani moderni sono disorientati e si lasciano quindi trascinare dalle forze materialistiche che stanno scuotendo violentemente le fondamenta della vita spirituale e morale dell’uomo.Infatti la causa principale dei mali che imperversano oggi nel mondo è la mancanza di spiritualità. La civiltà materialistica del nostro tempo ha tanto assorbito le energie e l’interesse dell’umanità che in genere la gente non avverte più il bisogno d’innalzarsi al di sopra delle forze e delle condizioni della quotidiana esistenza materiale. Non c’è richiesta sufficiente di cose che dobbiamo chiamare spirituali per distinguerle dai bisogni e dalle esigenze dell’esistenza terrena. Le cause della crisi universale dell’umanità sono perciò fondamentalmente spirituali. Lo spirito dell’era è, nel suo insieme, irreligioso. Oggi l’uomo vede la vita in modo troppo rozzo e materialistico per poter assurgere ai reami superiori dello spirito.È questa condizione, così tristemente malsana, nella quale la società è caduta che la religione cerca di migliorare e trasformare. Perché l’essenza della fede religiosa è quel sentimento mistico che unisce l’uomo a Dio. Questo stato di comunione spirituale può essere indotto e mantenuto mediante la meditazione e la preghiera. Ecco perché Bahá’u’lláh ha tanto insistito sull’importanza del culto. Non basta che i credenti si limitino ad accettare e osservare gli insegnamenti: è necessario che essi alimentino quel sentimento di spiritualità che si può acquistare soprattutto attraverso la preghiera. La Fede Baháí, come tutte le altre Religioni Divine, è quindi essenzialmente mistica. Il suo principale intendimento è lo sviluppo dell’individuo e della società, mediante l’acquisizione di virtù e forze spirituali. È l’anima dell’uomo che deve, per prima, essere nutrita e a questo nutrimento spirituale è la preghiera che può meglio provvedere. Le leggi e le istituzioni prospettate da Bahá’u’lláh potranno andare in vigore solo quando la nostra vita spirituale interiore sarà perfezionata e trasformata. Altrimenti, degenerata in una mera organizzazione, la religione diverrà cosa morta.

I credenti, e soprattutto i giovani, devono dunque rendersi pienamente conto della necessità di pregare, perché la preghiera è assolutamente indispensabile al loro sviluppo spirituale interiore, e questo – come si è già detto – costituisce la base e lo scopo della religione di Dio”.[8]

Se non vogliamo dunque vivere nel niente ed essere infelici occorre comprendere che oltre al nostro corpo, oltre al visibile, oltre al materiale, esiste anche l’invisibile, cioè il nostro spirito di cui dobbiamo prenderci cura.

E d’altra parte questa esigenza di spiritualità oggi si fa sempre più sentire. Di questo ne è testimonianza il fatto che non sono pochi gli uomini del nostro tempo che, partendo da posizioni materialistiche, sono approdati ad aperture significative nei confronti della spiritualità.

Eugenio Scalfari in un famoso articolo su “La Repubblica” metteva in guardia gli scienziati laici dall’errore che compiono “quando assolutizzano la ragione e, con essa, la ‘visione matematica’ della conoscenza e del mondo… Forse, senza saperlo né volerlo, ci consegnano inermi al dominio della tecnologia con conseguenze devastanti delle quali vediamo per ora un pallido inizio”. Naturalmente Scalfari ci tiene a ribadire la sua laicità, non è certo un ‘convertito’, ma si noti quanta spiritualità c’è in queste parole che concludono l’articolo:

“Bisogna riascoltare se stessi, uscire dal frastuono, percepire il rumore sommesso della sorgente. Questo può dare ancora a tutti e a ciascuno il senso della dignità della vita.”[9]

Il giornalista Orazio La Rocca in un intervista fatta a Pietro Ingrao, ex dirigente comunista, e al cardinale Achille Silvestrini, ricordò che Alberto Moravia confessò, un mese prima di morire, di essersi “emozionato” quando a Gerusalemme calpestò le pietre della “Via Dolorosa” percorsa da Gesù. Lo stesso giornalista chiese anche a Ingrao se si “emozionasse” pensando a Cristo. E Ingrao rispose così:

“Io non sono un credente. Ma vengo da una famiglia in cui era molto forte l’ispirazione religiosa. Mia madre da piccolo mi portava in chiesa. Da uomo che non ha fede ho paura di parlare di Gesù. Cristo è una figura che ha portato un messaggio che purtroppo non sempre ha camminato nel mondo in modo giusto. Ma è un punto di riferimento di una grande fede universale.”[10]

Quanta spiritualità cova sotto queste sincere parole e dietro quella paura di parlare di una grande Manifestazione di Dio non c’è forse l’affacciarsi prepotente di quella spiritualità di cui l’uomo ha bisogno? Se non è una “conversione di fede”, non è forse una “conversione del cuore”, come la definì la giornalista Silvia Giacomoni?[11]

Il grande pittore Guttuso si convertì al cattolicesimo in punto di morte.

Questa esigenza spirituale come si vede balza fuori evidente dalla sensibilità di uomini che pure sono stati o sono lontani da una qualsiasi fede; la stessa esigenza è presente, purtroppo spesso inconsciamente, in tutti gli strati della popolazione.

È questa “sete inconscia” che dobbiamo soddisfare, e lo possiamo fare interiorizzando e portando a tutti gli esseri umani le parole di tutte le grandi manifestazioni di Dio, da Abramo a Cristo a Mohammad e, più recentemente, le parole di Bahà’u’llàh:

“O popoli del mondo! Abbandonate il male aggrappatevi a ciò che è bene. Adopratevi a essere fulgidi esempi per tutta l’umanità e vero ricordo delle virtù di Dio infra gli uomini. Colui che si leva al servizio della Mia Causa deve palesare la Mia Saggezza e fare ogni sforzo per bandire l’ignoranza dalla terra. Siate uniti nelle opinioni e un sol uomo nei pensieri. Ogni mattina sorga migliore della sera che l’ha preceduta e ogni giorno più ricco del suo ieri. Il merito dell’uomo è nel servizio e nelle virtù e non nello sfarzo dell’opulenza e della dovizia. Badate che le vostre parole siano forbite da oziose fantasie e desideri mondani e che le vostre opere siano purificate dall’astuzia e dal sospetto. Non sperperate i tesori delle vostre vite preziose ad incalzar affetti turpi e corrotti e non sprecate energie nel curare i vostri interessi personali. Siate generosi nelle ore di prosperità e nei giorni di distretta pazientate. L’avversità è seguita dal successo e alla gioia succede il dolore. Guardatevi dall’ozio e dall’indolenza e afferratevi a ciò che giova a tutti, giovani o vecchi, nobili o umili. Attenti a non piantare i rovi del dubbio in cuori puri e radiosi.O amati del Signore! Non commettete ciò che intorbida il limpido rivo dell’amore o disperde la soave fragranza dell’amicizia. Per la giustizia di Dio! Siete stati creati per mostrare reciproco amore e non acredine e perversità. Non fatevi vanto d’amare voi stessi, bensì il prossimo vostro. Non vi gloriate d’amare il vostro paese, sibbene l’intera umanità. Sia casto il vostro occhio, fedele la mano, verace la lingua e illuminato il cuore. Non avvilite lo stadio dei dotti di Bahá e non sminuite il rango degli uomini di stato che amministrano la giustizia in mezzo a voi. Confidate nell’esercito della giustizia, indossate l’usbergo della saggezza, siano vostri ornamenti la misericordia e l’indulgenza e ciò che consola i cuori dei favoriti di Dio.

Per la Mia vita! Le tue lagnanze M’hanno immerso nel dolore. Non guardare ai figli del mondo e a tutto ciò che fanno, ma su Dio lo sguardo affisa e sul Suo dominio sempiterno. In verità, Egli ti rammenta ciò che è sorgente di gioia per tutta l’umanità. Bevi l’acqua vivificante di beato gaudio dal calice della parola profferto dalla Scaturigine della Divina Rivelazione – Colui che ha fatto menzione di te in questo ben munito maniero. Concentra tutte le tue forze nell’intento di enunciare la parola della verità con saggezza ed eloquenza e di scacciare la menzogna dalla faccia della terra.”[12]

È di questa “acqua vivificante” che ha bisogno l’umanità e che le nuove generazioni ricercano con grande sete d’amore. Queste sane aspirazioni non possono essere deluse e questo deve essere il ruolo delle religioni.

“Possiate voi aiutare coloro che sono sprofondati nella materialità a comprendere che sono creature di Dio, – disse Abdu’l Bahá rivolgendosi ai credenti parigini – ed incoraggiateli ad elevarsi per essere degni della loro nascita; così per i vostri sforzi possa il mondo dell’umanità diventare il Regno di Dio e dei Suoi eletti”.[13]

Solo così gli esseri umani potranno veramente essere felici!

Fabio Biliotti

1) Keppe Norberto: “Travail et Capital” Proton Editora Ltda 1991 pag.12
2) Bahá’u’lláh: “Spigolature” LXI
3) Bahá’u’lláh: “Spigolature” CVI
4) Tamaro Susanna: “Anima Mundi”
5) Keppe Norberto: “A Libertação dos Povos” Proton Editora Ltda – 1993 2° Edizione pag. 149
6) Abdu’l-Bahá: “La Saggezza di Abdu’l-Bahá” pag.132
7) Politi Marco: “La Repubblica” 4/12/1996 pag.40 Cultura
8) Shoghi Effendi: “Lettera a un credente” 8/12/1935
9) Scalfari Eugenio: “la Repubblica” 27/10/1996 pag.27 Cultura
10) Ingrao Pietro: “La Repubblica” 14/7/1997 pag. 10 Politica Interna
11) Giacomoni Silvia: “La Repubblica” 14/7/997
12) Bahá’u’lláh: “Tavola della Saggezza”
13) Abdu’l-Bahá: “La Saggezza di Abdu’l-Bahá” pag.121