Fondamenti della Psicanalisi Integrale – Norberto Keppe

Presentazione del libro “Psicoterapie alienanti”

La scienza moderna ha prodotto un tipo di terapia che si è dimostrata utile, ma molte volte anche perniciosa, nel trattamento dell’essere umano. Il popolo, generalmente, si sottopone ad essa, come ultima spiaggia – dal momento che non c’è altro mezzo per curare quelli che non riescono a stare ragionevolmente bene nella società. E, parlando di psicoterapia, il grande nome che balza subito evidente, è quello di Sigmund Freud, il creatore della psicanalisi. Prima c’erano alcune imitazioni di analisi, predominando metodi magici, il cui prototipo fu il mesmerismo (magnetoterapia). Il genio austro-giudaico demistificò tali processi iniziando un lavoro serio sulla vita psichica. Però, più tardi, elaborò sue ipotesi, dando la preminenza alla teoria della Libido, che fu il suo grande disastro. Il lettore potrà verificare questo fatto nell’articolo elaborato dalla dott.ssa Claudia Pacheco.

Con il tempo, il popolo notò che la Psicanalisi, ortodossa o no (Melanie Klein, Wilfred R. Bion, Wilhelm Reich, i culturalisti, la Scuola di Frankfurt, Jung, Adler, Lacan, Foucault, ecc.), si è dimostrata insufficiente nel trattamento dell’uomo. Allora sorsero altri metodi e teorie, fra i quali possiamo citare la transazionale, la gestal-terapia, per non parlare della vecchia riflessologia ispirata da Pavlov e del behaviorismo americano ed europeo.

La maggior parte di questi autori però, dimenticò che il grande contributo di Freud alla scienza è stato nel campo della metodologia, e non delle ipotesi teoriche – e si attaccarono proprio alle sue teorie.

La Psicanalisi Integrale è stata elaborata nel corso di ventiquattro anni (oggi quarantaquattro n.d.r.) di lavoro, in Brasile e in Austria (Vienna), e completata all’inizio del 1980. Tale evento ha coinciso con la venuta del prof.. Arnold Keyserling in Brasile, che si entusiasmò del nostro lavoro e lo portò negli Stati Uniti ed in Europa – dove venne poi presentato innanzitutto nella città di Darmstadt (20.07.1980), vicino a Frankfurt, in Germania, in seguito in Austria ed infine in Svizzera. In ottobre di quell’anno facemmo parte del Club di Helsinki, come formatori per l’orientamento del settore sanitario.

La Psicanalisi Integrale ha iniziato ad esistere come scienza diversa dalla psicanalisi tradizionale, con la percezione del processo di inversione, avvenuta nel 1977 – più precisamente nel mese di settembre di quell’anno. A partire da questa scoperta, siamo passati a rivedere tutti i postulati delle scienze psicoterapeutiche, arrivando a una totale riformulazione dei loro lavori. E il più importante di tutti fu quello della considerazione della eziologia della psicopatologia.

Freud e i suoi discepoli considerarono sempre la malattia come conseguenza di elementi che un giorno furono repressi nell’interiore psicologico – che dovevano essere coscientizzati per non causare più nevrosi. Essi considerarono il malato come una specie di vittima di fattori estranei alla sua volontà. Come avrebbe potuto una persona soffrire di qualcosa già incoscientizzata?

Noi consideriamo la nevrosi come conseguenza di una attitudine di voler negare quello che sappiamo, tentando di incoscientizzarlo. E questa lotta per eliminare una coscienza produce il nostro stato di afflizione.

Nel suo aspetto tecnico, si nota che ogni persona confonde la visione con il fenomeno, per esempio: se io non mi accorgo che sono confuso, aggressivo e megalomane, ecc., ritengo di non esserlo. Questo è un fatto estremamente negativo, non solo in senso individuale, ma anche in senso sociale, che porta molti popoli verso una dittatura, a causa dell’estrema megalomania di non voler vedere i propri problemi, pensando di poter passare sopra di essi, senza conseguenze; ma essi, quando vengono nascosti, continuano evidentemente a peggiorare.

Il primo passo nella formazione della metodologia della Psicanalisi Integrale è stata la scoperta dell’attitudine di collocare al di fuori della vita psichica tutta la causa dei nostri guai. Per esempio: quando i giornali dicono che una determinata persona è stata vittima di un incidente automobilistico, e non che è stata lei che lo ha provocato. Altro esempio: “Una febbre fa impazzire il mondo: l’oro” (16.01.1980), e non che l’uomo diventa matto a causa della sua condotta rispetto all’oro.

Notavo che la maggioranza dei clienti pretendeva di scorgere i propri guai nel tipo di relazionamento che metteva in atto, sia con la moglie o il marito, con i figli, parenti e amici e, principalmente, con i genitori, fra i quali troneggiava la figura della madre. E, tanto la problematica quanto la cura, venivano sempre collocate in questo tipo di comportamento. Lo stesso Freud individuò il nocciolo delle perturbazioni nel famoso Complesso di Edipo, che sarebbe un genere di vita strettamente sociale(1). E, siccome la libido fu esaltata, si creò una disperazione nella possibilità di migliorare il relazionamento affettivo-sessuale , come indizio sicuro del recupero psicologico.

Non sarà difficile notare che tale desiderio colloca gli amici, i genitori e le altre persone in un circolo infernale di proiezioni e colpe dello psicanalizzando. E ancora, la cosa peggiore di tutte è che la cura implicherebbe sempre la collaborazione delle altre persone – tutto ciò io l’ho chiamata Psicoterapia Psicopatologica.

Dal 1968, osservavo in Melanie Klein la considerazione di due aspetti fondamentali e opposti nella formazione della vita psichica: il segno buono e il segno cattivo, l’invidia e la gratitudine, l’amore e l’odio, e così via – con l’ulteriore considerazione che fondamentalmente sarebbe il sentimento d’invidia la causa prima della patologia umana. Perciò, dovremmo sostituirlo con la gratitudine nel caso che volessimo ottenere l’equilibrio.

Tale scoperta è stata possibile grazie alla considerazione di un mondo interiore, ancora più bello, ricco e generoso, di quello esteriore – diremo l’universo parallelo, molto più fondamentale e importante del secondo.

Giungere a questa scoperta, la percezione dell’esistenza di una coscienza interna (oltre ad altri fattori) totalmente indipendente dalla nostra volontà, è stato solamente un passo in più. Si era costituita nella mia mente tutta la struttura fondamentale della vita psicologica.

È per questo motivo che le persone che ricercano la psicoterapia, confondono la coscientizzazione con le loro difficoltà, ciò che richiede molta perizia dello psicoterapeuta perché non abbandonino il trattamento.

In seguito, abbiamo verificato che l’individuo molto malato tenta di vivere più le fantasie che elabora che la realtà – come dice il detto: il nevrotico costruisce castelli in aria, lo psicotico dimora in essi e lo psichiatra riscuote l’affitto. Inoltre, la stessa verità era ritenuta come qualcosa di sgradevole, incomodo, che potrebbe essere tollerato con una buona dose d’immaginazione. A questo punto abbiamo fatto il congiungimento tra la scienza, la filosofia e la religione, verificando proprio il contrario.

Chi è molto malato, rifiuta la realtà con molta forza, vedendola come pesante ed inadeguata – praticamente desiderando ricrearla a sua proprio maniera e a somiglianza di se stesso. Questo è il motivo fondamentale di ogni tensione nella quale vive l’essere umano, poiché costruire l’esistenza, secondo la propria volontà, implica uno sforzo tremendo, inutile, doloroso e perfino comico – come è possibile rifare ciò che è già tanto magnificente?

Questa scoperta invade il campo della filosofia (ragione) e quello della religione (sentimento), ponendo l’uomo davanti alla decisione o di adottare un’attitudine patologica a causa del desiderio di costruire la sua stessa esistenza, l’universo e le cose – come se fosse un nuovo dio (Teomania) – o, al contrario, di accettare la verità, preesistente a se stesso, che tutto è buono, bello e reale.

Questo è il punto fondamentale dell’attitudine di megalomania iniziale, per la quale desideriamo essere il creatore, una teomania che fiorisce nell’interiorità di ogni essere umano, sovrabbondando nella società patologica nella quale abitiamo. Questa intenzione iniziale produce tutte le difficoltà nelle quali viviamo – poiché combattere contro la verità significa stare combattendo se stessi, in quanto siamo una realtà.

Quando ci poniamo in antagonismo a Dio (si dia il nome che si vuole), ci troviamo in una posizione di attacco contro la propria sanità (che è la realtà), tentando di sostituirla con la fantasia e l’immaginazione ( la malattia, l’irrealtà) – e questa attitudine potrebbe essere causata da un motivo abbastanza studiato da Melanie Klein, solamente nel campo della genitalità, e che noi poniamo in un motivo più nobile: l’invidia del Creatore.

A partire da ciò, tutto potrà accadere: che ci siano individui che si credono di essere un nuovo Napoleone, un Cristo, o anche un animale o un vegetale – perché essere uomini comporta di accettare quello che siamo, ma che non siamo stati noi ad organizzarlo. Ammettere di essere debitori al Creatore, ci sembra molto umiliante.

Nel suo aspetto più specifico, la Psicanalisi Integrale applica il processo che ha denominato dialettica – non di tipo platonico, hegeliano, ma socratico, cristiano. Consiste in ciò che segue: esiste un interiore psicologico, così come l’esteriore fisico o il sociale o anche il materiale, propriamente detto. In questo modo quando una persona parla di un fatto esteriore qualsiasi, sta parlando della sua attitudine psicologica. Supponiamo un processo di paralisi, di cecità, di difficoltà respiratoria, circolatoria ecc. rivelano esattamente gli stessi processi che creiamo nel nostro interiore, nella nostra psiche.

La Psicanalisi Tradizionale ha studiato sufficientemente la proiezione – che è l’attitudine di collocare fuori quello che sta dentro. Ebbene facciamo questo non solo con la patologia, ma anche con la sanità, creando una situazione sociale delicata – per il fatto di vedere o tutta la salvazione o tutto il pericolo, provenienti dalla società. I gruppi più malati sfruttano questo fenomeno per profitto economico e sociale.

Io credo che questa sia stata la grande spinta che abbiamo dato in senso terapeutico, nel rivelare che siamo possessori di tutta la sanità e che la malattia viene come conseguenza di negare, omettere o deturpare la verità – e, nel momento in cui abbassiamo la testa per accettarla nuovamente, ritorneremo al Paradiso Perduto (Milton) che abbandonammo.

Stano così le cose creiamo una civiltà rovesciata, a gambe all’aria, nella quale naufraghiamo inappellabilmente, poiché continuiamo, nonostante tutto, a rimanere legati alla verità, alla bellezza e alla bontà – e ritroveremo la pace solo quando le riaccetteremo. Ci troviamo in una situazione comica, ossia quella di rifiutare ciò che siamo essenzialmente, solamente perché non siamo stati noi a creare noi stessi. La famosa frase “non ho chiesto io di nascere” è una costante in ogni mente umana.

Il processo dialettico psicanalitico ci appare il più praticabile, perché funziona d’accordo con la natura umana. Per esempio: perché una persona comprenda qualsiasi cosa, deve comparare due elementi, per decidersi su uno di essi – con questo, possiamo dire che uno era errato o che è stato scelto quello sbagliato. E tale fenomeno si verifica nel mondo intellettuale, emozionale e, di conseguenza, nelle attitudini.

Perché la persona sappia quello che sta facendo con il suo interiore, basta che veda ciò che accade nel suo esteriore: malattie, decadenza fisica, difficoltà organiche, ecc. Esattamente lo stesso fenomeno possiamo applicarlo in campo sociale, poiché ciò che realizziamo socialmente (di buono e di cattivo) è esattamente ciò che realizziamo con la propria struttura psico-biologica.

Un esempio caratteristico della nostra arroganza, è l’attitudine di svalutare ciò che abbiamo ricevuto dalla natura, dal Creatore, mentre supervalorizziamo le nostre idee e le nostre fantasie.

Sto dicendo che, per essere sano, basta rinunciare alla grande fantasia che costruiamo sopra la realtà – contrariamente agli altri orientamenti psicologici noi affermiamo che non abbiamo bisogno di elaborare la nostra sanità, poiché essa esiste già – e dobbiamo desistere di volerla creare, poiché tutto quello che faremo sarà sempre un volerla alterare, omettere o negare.

L’essere umano diventa nervoso ogni volta che pretende di creare la sua vita; tutto quello che dovrebbe avere già esiste – tanto è vero che i genii ed i mistici non fanno altro che scoprire alcuni “segreti di Dio”, il che significa accettare ciò che è vero. La preoccupazione dell’uomo sorge sempre a causa del suo desiderio di sostituire il Creatore con se stesso; nonostante egli sappia che è impossibile, come che si tratta di un’attitudine ridicola, per non dire patologica. Inoltre questa è la fonte della nostra follia. Da questo momento in poi potrà sorgere ogni sofferenza – perfino il proprio inferno interiore.

C’è stato un grande equivoco rispetto alla vita psichica. Credo che i maggiori siano stati: a) un tentativo di biologizzarla, cioè, di considerarla come il risultato del funzionamento ghiandolare; una ipofisi organizzata male, un’emorragia di acido lisergico nel cervello ed ecco lì un individuo nevrotico. Ebbene, dopo quasi un secolo di questo orientamento, il popolo (che è la voce di Dio) è sempre meno convinto di tale impostazione; dal momento che la professione di Ippocrate si è mostrata insufficiente per trattare la vita psichica (questo lo disse già Freud), b) il tentativo di spiegarla per mezzo di fattori sociali (quasi sempre mischiati con fattori biologici). Dunque abbiamo saputo che i desideri libidinosi verso la madre (Freud) e la repressione sociale (Marcuse) venivano incolpati del nostro malessere; in quanto soffriremmo di carenze sociali: una volta è la mancanza di sesso, un’altra la mancanza di denaro o di prestigio sociale. Attacchiamo dunque la società, ma la stessa società siamo noi, e quelli che stanno là “in alto” sono gli stessi che stanno qui “in basso”.

Ora, che cosa ci impedisce di trattare la vita psichica, psichicamente? Potremmo trattare l’animale come se fosse un albero? Allora, perché desideriamo trattare l’uomo come se fosse un animale, o un insetto, una formica, per esempio? Questo è praticare una follia, o qualcos’altro ancora peggio.

Può uno psicologo che lavora con i topi, in una facoltà, passare a trattare l’uomo allo stesso modo? Perfino il topo, in una sala di sperimentazione, sta già in condizioni artificiali nevrotizzanti; pertanto anormali: Allo stesso modo uno studente di medicina giammai potrà applicare in un vivo quello che ha studiato in un morto – molto meno ancora potrà applicare qualcosa di organico nella vita psichica.

Siamo stati i primi psicoterapeuti a parlare della volontà – e non solo a parlare della volontà, ma a comprovare (attraverso l’esperienza) questo elemento fondamentale per la formazione della nevrosi. Medard Boss, in Svizzera, già dimostrò che il nostro problema sta nella mancanza di coscienza – ma noi abbiamo detto anche di più; non esiste una carenza di coscienza, ma la sua negazione, un’attitudine di opposizione, il che significa un rifiuto della propria vita. E questo comportamento rappresenta tutta la nostra malattia.

Nella misura in cui questo libro sarà letto, ogni persona potrà notare che c’è stato un grave equivoco nel campo della psicoterapia, nel tentare di portare l’individuo alla felicità, attraverso mezzi inferiori a lui, ossia il sesso, il denaro e il potere economico-sociale.

L’essere umano potrà essere felice solamente se starà in contatto con la vita che emana dal suo interiore – e questa vita è la stessa che guida tutto l’universo.

Quello che resta da dire qui è che la psicoterapia, nel suo senso reale, (oltre a ciò che la stessa parola dice: terapia dello psichico o psicanalisi: analisi dello psichico), ancora non è stata realizzata. E quando parlo di psichismo, sto parlando principalmente di ciò che esiste nel nostro interiore, perfino la volontà, cioè, i sentimenti, l’intuizione e la percezione, perché, a partire dal nostro volere, lo psichico impazzisce per il fatto che noi lo proiettiamo fuori, di preferenza nel sociale e nel biologico. La gente non dice che la persona malata (mentalmente) sta fuori di sé?

Probabilmente il maggiore errore, fra tutti quelli della scienza tradizionale, è stata la confusione che ha prodotto tra repressione e malattia, portando l’umanità a voler proiettare fuori tutto quello che sente e che pensa –non volendo considerare la possibilità di coscientizzazione del processo che mette in atto per nascondere la realtà.

Non esiste una cattiveria basica, iniziale; esiste, questo sì, un’attitudine di opposizione alla realtà, che è buona, impedendole di manifestarsi: questa è la nostra malattia.

La malattia è l’attitudine di scagliarsi contro la vita; è l’odio rispetto alla realtà; è il desiderio di porre termine a tutta la verità. La malattia psichica o quella organica appaiono sempre come conseguenza di un’attitudine di opposizione al reale.

L’individuo, che la scienza moderna ha denominato nevrotico o psicotico, è colui che digrigna i denti davanti alla verità – facendo di tutto per nasconderla.

Se la sanità, la felicità stanno alla nostra portata, perché non le accettiamo? Non le accettiamo perché pensiamo con ciò di soffrire – poiché dovremmo accettare la bontà che non è stata creata da noi -–e accettare questo comporta di passare sopra alla nostra invidia, alla nostra rabbia, e praticare sentimenti di gratitudine verso Dio. E i sentimenti di gratitudine verso di Lui sono la nostra felicità, i nostri sentimenti di gratitudine alla vita che è l’amore.

Per vivere bene, dobbiamo accettare la vita; però, per fare ciò, siamo obbligati a rinunciare alla nostra megalomania, per vedere che la vita è un dono che abbiamo ricevuto da chi è il nostro padrone. Nell’accettarla vivremo la verità e la bellezza e questo ci fa bene.

Quando accettiamo ciò che abbiamo ricevuto dal Creatore, immediatamente stabiliamo un contatto con la verità e la bellezza, permettendoci di essere buoni; e questo contatto è l’amore, che è il processo di godere del bene (che si diffonde da sé), facendoci diventare buoni e trasmettendo tale bontà agli altri – poiché il bene è sempre una diffusione, un’espansione che attraversa l’essere.

Esistiamo a causa della bontà del Creatore, che la riversò su di noi facendoci diventare buoni con gli altri – e il contatto è sempre un atto di amore. Nell’accettare la bontà, diventiamo buoni e, questa bontà investe anche le altre persone.

Potremo essere felici solamente nell’accettare la bontà che ci viene da fuori, formando un anello con essa – e, evidentemente, producendo altri anelli – ma giammai saremo felici, negando la bontà.
Credo che la nostra civiltà attuale sia arrivata alla sua fine, cominciando a naufragare: il freudismo (Libido), il marxismo e il relativismo (Einstein) sono ormai in sospetto. Ogni volta che ci procuriamo la felicità, in qualche cosa di esterno a noi, sarà tempo perso, semplicemente perché sarà sempre un’attitudine di alienazione, di fuga.

Ci sono in varie parti del mondo gruppi di pensatori, religiosi e scienziati che cominciano a denunciare tutti gli errori che i gruppi più malati hanno inflitto a tutta la società –traendone tutta la coscienza che gli mancava, principalmente godendo di tutta la ricchezza che esiste, non nei soli beni materiali, ma principalmente nel nostro interiore. Nel momento questa impresa sembra difficile, ma allo stesso tempo stanno apparendo individui disposti ad assumersi la loro responsabilità. In ogni caso, con la riduzione continua dei valori perituri, cominciano ad abbondare quelli imperituri (gli psicologici). D’altra parte non c’è altra strada per l’umanità.

L’essere umano, davanti alla realtà, potrà praticare, di due, un’attitudine: accettarla, oppure negarla, tentare di ometterla o di deturparla. In quest’ultimo caso, avremo l’individuo malato, psichicamente o organicamente – tuttavia, se accettiamo la verità, uniremo il nostro sforzo a tutto il potere che esiste e, in pochissimo tempo, avremo un enorme sviluppo insieme a tutta la società.

 Norberto R. Keppe
Presidente della Società di Psicanalisi Integrale